Quadro storico
La Serenissima Repubblica di Venezia si era preoccupata sin dall'inizio della sua storia di assicurarsi un dominio sulla terraferma che le garantisse un sicuro commercio per terra e per mare, dall'Europa all'Asia. Furono perciò inevitabili gli scontri prima con i Carraresi di Padova, sconfitti con l'aiuto dei Visconti, poi contro i Visconti stessi che, allargando il loro territorio fino a Verona, Vicenza e Padova, avevano stretto la Repubblica in una morsa pericolosa.
La guerra fra Venezia e il Ducato di Milano durò parecchi anni, senza esclusione di colpi, compresa la sottrazione reciproca e ripetuta dei capitani di ventura, ivi compreso il nostro Bartolomeo Colleoni.
Il trattato di pace del 1428 sancì il definitivo passaggio di Bergamo alla Repubblica di Venezia, cui vi si era già spontaneamente consegnata anni prima. Altri trattati, del 1433 e del 1454 confermarono questo nuovo assetto politico dell'area.
Bergamo fu in qualsiasi caso una delle terre più tormentate, perché ai confini dello Stato, separata dal Ducato di Milano solo dall'Adda, quindi sempre soggetta alle rivendicazioni dei Visconti prima e degli Sforza poi; il territorio si trovò poi in quegli anni a subire numerose invasioni di svizzeri, francesi, lanzichenecchi, spagnoli, tedeschi, che portarono con sé spesso e volentieri carestie e pestilenze.
Lungo le rive dell'Adda vennero perciò rinforzati o sorsero ex-novo castelli, fortilizi, caserme. In questo gioco politico-militare diventava fondamentale l'apporto di condottieri e di mercenari che offrivano i loro servigi ai vari Signori, in cambio di denaro, uomini, feudi. Il condottiero più ammirato della zona fu senza dubbio Bartolomeo Colleoni.
Il Colleoni
Discendente della nobilissima famiglia bergamasca dei Colleoni (de Collionibus), da un ramo che si stabilità nell'Isola dove posseva vaste terre, Bartolomeo, figlio di Paolo (o Puho) e di Riccadonna de' Vavassori di Medolago, nacque nel castello di Solza nel 1395. Ucciso a tradimento il padre e fatta prigioniera la madre con i figli maggiori, Bartolomeo fu affidato ad un sacerdote che gli diede una buona educazione di base.
Dopo il 1418, il Colleoni cerca fortuna in Italia Meridionale. Combatte dapprima a Napoli, passando poi sotto Bologna, in seguito a Firenze per giungere sotto il comando del Carmagnola a combattere per i Veneziani, nel 1431. A trent'anni il Colleoni era un ufficiale dell'esercito della Serenissima, e in questa veste partecipò alle campagne militari in Valtellina e in Val Camonica. Come ricompensa per la conquista di S. Luca nel Cremonese, il Colleoni ricevette in feudo la terra di Bottanuco (confiscata ai fratelli Antonio e Sermoro dei Suardi che ne avevano fatto dono al Duca di Milano per non conferirla a Venezia); Bartolomeo poté così tornare a casa, nell'Isola, dove aveva mantenuto radici affettive e proprietà.
In quegli anni sposò Tisbe di Martinengo, appartenente alla nobiltà bresciana, scelta che gli permise di estendere la sua influenza anche sul territorio di Brescia.
Nel 1438 Bartolomeo difese Bergamo dall'attacco di Filippo Maria Visconti e con il Gattamelata liberò Brescia dall'assedio del milanesi. Ottenne come ricompensa i feudi di Romano, Covo e Antegnate. La concessione di un feudo rappresentava per Venezia anche una scelta strategica: si trattava di un modo per legare a sé i condottieri più valorosi. Iniziarono però i dissapori con il Senato veneziano, che cercava di imporre a Bartolomeo una riduzione del suo esercito personale durante i periodi di pace. A seguito di queste incomprensioni, il Colleoni passò al servizio di Milano per circa 3 anni, salvo poi tornare a trattare segretamente con Venezia, quandò capì che Milano non gli avrebbe permesso di realizzare le sue ambizioni. Scoperto, fu messo in prigione a Monza con l'accusa di tradimento; dopo un anno riuscì a fuggire avventurosamente, riaggregandosi alla sua Compagnia, non ancora sciolta.
Difese dall'invasione francese la Repubblica Ambrosiana, autoproclamata dopo la morte di Filippo Maria Visconti, ottenendo un'importante vittoria a Bosco Marengo, che gli diede fama internazionale e lo arricchì enormemente. A questo punto il Colleoni offrì nuovamente a Venezia la sua offerta di tornare al servizio della Serenissima, accordo questa volta accettato con la concessione di altre milizie personali.
Venne inviato da Venezia a difesa della città di Milano, quando Francesco Sforza (capitano di ventura della Repubblica Ambrosiana) cercò di impossessarsi di forza della città, accampando diritti di successione a Filippo Maria Visconti, di cui aveva sposato la figlia Bianca Maria. Il Colleoni arrivò però a Milano troppo tardi, quando Francesco si era già autoproclamato nuovo Duca di Milano.
Seguì tra Venezia e Milano una pace di due anni, quindi un triennio di scontri, durante il quale il Colleoni passò ripetutamente dall'una all'altra sponda, dimostrando ogni volta abilità militare e capacità di curare i propri interessi personali. Con la Pace di Lodi del 1454 si stabilirono i confini definitivi lungo l'Adda, con la restituzione reciproca delle terre entro quei confini. Bartolomeo Colleoni, ora con Venezia, accettò la pace di buon grado, chiedendo in cambio una congrua provvigione e il titolo di Capitano Generale della Repubblica.
A sessant'anni si trovò Signore di un piccolo regno e come tale volle governarlo. Pose la sua residenza nel castello di Malpaga, fatto opportunamente restaurare e decorare, e qui trascorse il resto dei suoi anni, ricevendo sovrani e ambasciatori europei, interessati ai suoi servigi militari. Da qui influenzò notevolmente le decisioni dei Rettori di Bergamo e della stessa Venezia.
Numerose furono le opere di ingegneria civile promosse dall'ormai anziano Bartolomeo: la derivazione di diverse rogge dal fiume Serio, il progetto di una derivazione del Brembo per portare acqua alle terre dell'Isola, il ripristino delle Terme di Trescore Balneario; si fece erigere una Cappella (l'attuale Cappella Colleoni) attigua alla basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
Morì a ottant'anni, lasciando l'eredità alle figlie e a numerosi nipoti. Lasciò all'Istituto di Pietà, da lui fondato e donato alla città di Bergamo, i suoi possedimenti di Solza, affinché provvedesse alle necessità dei più bisognosi.
Ottocento
Dominazione francese
Le idee propagandate dalla Rivoluzione Francese avevano già da tempo raggiunto l'Italia e trovato in molti intellettuali bergamaschi un'entusiasta condivisione. Avvertivano nella dominazione veneta un'inerzia che ostacolava il progresso, e una vanagloria che si reggeva su privilegi ormai ritenuti superati dallo spirito illuminista.
Non fu necessaria alcuna azione bellica per decretare la fine del dominio della Repubblica di Venezia su Bergamo. I Francesi, che già avevano proclamato la Repubblica Cispadana e conquistato i territorio austriaci in Italia, si erano pacificamente infiltrati nella città, contando sull'ospitalità di alcuni nobili e sull'atteggiamento del Rettore Ottonili che, ligio alla neutralità dichiarata dalla Serenissima, evitava ogni motivo di scontro militare. Fu così che nella notte fra il 12 e il 13 marzo 1797 fu nominata la nuova municipalità provvisoria della Repubblica Bergamasca, composta da 24 persone, in maggioranza nobili.
Dalla fine del dominio veneto, i Bergamaschi si trovarono a vivere continui cambiamenti politico-amministrativi, dovuti al rapido susseguirsi degli avvenimenti storici.
- 13 marzo - 31 maggio 1797: Repubblica Bergamasca
- 31 maggio 1797 - 27 aprile 1799: Repubblica Cisalpina
- 27 aprile 1799 - giugno 1800: Occupazione Austriaca
- giugno 1800 - 26 gennaio 1802: II Repubblica Cisalpina
- 26 gennaio 1802 - 8 giugno 1805: Repubblica Italiana
- 8 giugno 1805 - 1825: Regno d'Italia
Ogni cambiamento portava una nuova suddivisione del territorio e una nuova denominazione delle sue componenti e dei suoi rappresentanti, oltre a variazioni dei loro compiti.
Durante la Repubblica Bergamasca il territorio fu diviso in Cantoni, e il comune di Bottanuco e Cerro (882 abitanti complessivi) venne attribuito al Cantone di Ponte S. Pietro, insieme a 32 altri comuni.
Sotto la Repubblica Cisalpina il Cantone fu diviso in due distretti; Bottanuco e Cerro (costituiti in un unico comune) faceva capo al distretto XI dell'Isola, che aveva come capoluogo Chignolo e comprendeva altri 15 comuni. Faceva inoltre parte del IV Circondario, il cui giudice di pace risiedeva a Ponte S. Pietro. Nel 1798 si tornò però alla precedente denominazione e Bottanuco tornò nel XIV Distretto dell'Isola, con capoluogo a Ponte.
L'occupazione austriaca fu accolta da esternazioni di giubilo e la fuga dei francesi fu accompagnata da festori scampanii; ma l'occupazione durò poco.
La Seconda Repubblica Cisalpina divise la bergamasca in soli quattro distretti: Bottanuco apparteneva a quello di Bergamo, che comprendeva tutta la Val Brembana e il territorio a ovest del fiume Brembo. In questo periodo i parroci (gli unici detentori di un'anagrafe aggiornata) furono incaricati di fornire i nomi per la circoscrizione obbligatoria, tesa a rafforzare le fila delle truppe francesi.
Durante la Repubblica Italiana, Bottanuco e Cerro costituivano un comune di III classe (meno di 3000 abitanti); la sua municipalità era formata da due membri e un Consiglio Comunale composto da tutti gli estimati. Faceva parte del Distretto dell'Isola, con capoluogo Ponte S. Pietro, del Dipartimento del Serio. Gli uomini dai 18 ai 50 anni dovettero contribuire alla costituzione della Guardia Nazionale.
Durante il Regno d'Italia, Bottanuco e Cerro (915 abitanti) vennero uniti a Suisio (661 abitanti) e Medolago (500 abitanti), con capoluogo Suisio. Costituivano sempre e comunque un comune di III classe, ma la municipalità era composta da un Sindaco (nominato dal prefetto ogni anno) e da due Anziani (eletti dal Consiglio Comunale annualmente fra i 25 più ricchi o notabili); il Consiglio Comunale era composto da 15 membri, anch'essi nominati dal Prefetto. Tutto il sistema rappresentativo era ormai stato abolito e tutta l'attività amministrativa era sotto lo stretto controllo politico.